
Goethe Keynesiano?
In gioventù, quando si hanno ancora energie per fare simili imprese, ricordo di aver letto il Faust di Goethe; di quel libro, parafrasando il giudizio di Rossini su Wagner, ricordo i “bei momenti e i brutti quarti d’ora”, cioè le belle pagine e le lunghe e noiosissime descrizioni di feste e allegorie.
Resta comunque un libro immortale. E un episodio con gli anni mi è rimasto in mente. Faust e Mefistofele vanno a trovare l’Imperatore – ovvero lo Stato – il quale, impegnato in guerre e in favoritismi si è accorto di aver promesso troppo e troppo speso: le uscite dello Stato; e ora non ha più denari; le casse sono vuote.
Conseguentemente le truppe non hanno ricevuto il soldo e mugugnano, i vassalli si ribellano, l’economia langue e la crisi economica provoca manifestazioni e tumulti da parte delle classi sociali più colpite dalla crisi: insomma l’Impero/lo Stato è in pericolo.
Mefistofele allora suggerisce all’Imperatore di scavare i tesori che si trovano nascosti sottoterra.
Come trovarli? Domanda l’imperatore.
Semplice, dice Mefistofele, basta aspettare che arrivi l’arcobaleno e là dove l’arcobaleno incontra la terra, là si scavi e là si troverà il tesoro.
Però, continua Mefistofele, per scavare ci vuole tempo, e qui il tempo manca; allora, dice Mefistofele, possiamo intanto emettere dei titoli di carta a valere sui tesori che verranno scavati e con quelli incominciamo a pagare le truppe.
Detto, fatto: i titoli vengono emessi e dati alle truppe; che li accettano di buon grado, e li spendono all’osteria; anche l’oste, una donna, li gradisce: perché quei foglietti si nascondono molto bene nella scollatura. E con quelli paga il fornitore, il quale a sua volta paga il contadino, ecc. ecc., e così l’economia rifiorisce.
Questa descrizione mi sembra conforme alla teoria di Keines, secondo cui è importante, in situazioni di crisi, che lo Stato spenda, perché perfino le spese improduttive – l’esempio è il Ministro del Tesoro che impazzisce e butta dalla finestra milioni di dollari – fanno girare l’economia.
Ci sono momenti in cui ci sono i beni di consumo, ma la gente non ha denari per comprarli; o, se ha denari, non li vuole spendere. In situazioni di incertezza le persone tendono ad accumulare la ricchezza per timore del futuro, e così, per non diventare poveri, creano involontariamente la povertà.
In questo caso, l’azione dello Stato, che stampa e distribuisce moneta, può essere la leva per far uscire le persone da questo circolo vizioso.
Per capire meglio questo meccanismo, c’è l’esempio del paese in cui tutti erano indebitati; l’oste doveva 100 euro al macellaio, il macellaio doveva 100 euro all’avvocato, l’avvocato 100 al fabbro, il fabbro 100 allo speziale, e così via. Arrivò un forestiero, dormì nella locanda, e pagò 100 euro all’oste, il quale pagò il macellaio, questi a sua volta l’avvocato, e così via. E tutti i debiti, come per magia, scomparvero.
In fondo, anche Gesù ci insegna a non accumulare ricchezza; là dove dice: “non ti farai un tesoro sulla terra, dove i ladri scavano e rubano, e la tignola corrode” (Matteo, 6, 19).
Gesù non sta dicendo di non darsi da fare per guadagnare denaro: ma semplicemente di non accumularlo. Dobbiamo spendere quello che abbiamo guadagnato!
Pietro Ferrari