Nel cuore del mondo di Damiani abita Orazio, come mostra l’overture della prima opera. Per comprendere il perché dell’incipit di Fraturno si può rimandare alle osservazioni sull’Ars poetica di Orazio, che fanno tutt’uno con la poetica di Damiani stesso e con lo stile da lui adottato.

Dice Damiani di Orazio: “Comporrei un discorso poetico con parole dell’uso comune, tale che ciascuno si illuda di poter fare lo stesso e molto sudi e s’affanni invano alla prova: tanto può l’ordine e la connessione delle parole, tanto esse acquistano di decoro dal quotidiano linguaggio”(1, p. 41). Secondo il poeta latino, sempre citato da Damiani, le parole non devono dare nell’occhio e non devono gettare fumo negli occhi, affinché si possa parlare di arte; la poesia deve sembrare facile, ‘come acqua che scorre’, ciò che Petrarca chiamava ‘difficile facilità’ (1, pp.40-41).

Secondo Damiani l’insegnamento di Orazio è nell’indicarci la moderazione, la res media, il giusto mezzo: “Non le parole strane, orgogliose, ma le parole umili (il linguaggio comune) […] Le parole che si piegano, che convergono tra loro a creare la forma” (1, p.41). Non solo lo stile, ma anche gli argomenti dovranno essere semplici: per il poeta di Venosa “Cui lecta potenter erit res,/nec facundia deseret nunc, nec lucidus ordo”.

Lo stile semplice, per Damiani, mostra che l’arte insegna quale luogo occupare e, in tal senso, ci mostra il nostro kosmos: “l’arte è l’arte di cogliere il centro, ma soprattutto di restarvi […] E’ l’ordine in cui le cose avvengono, esistono”(1, p.39).

La semplicità della parola, dunque, non è soltanto uno stile poetico, in quanto riposa in una precisa concezione del mondo. Rimanda, appunto, all’etica e alla morale delle cose. C’è una adequatio sermonis rei, un rispecchiamento del mondo nel dire poetico. Alla fine del saggio sull’ars poetica Damiani afferma. “non io cantando, ma io dicendo, io nominando, parola aggiungendo alla cosa” (1, p. 44).

Si noti che con una poetica di questo tipo Damiani supera ogni possibile critica di ‘disimpegno’ politico, di scarsa attenzione ai temi sociali et similia. La poesia di Damiani è intimamente ‘fenomenologica’, è una descrizione delle cose, ed in tal senso è prima della politica. Lo sguardo fenomenologico sul mondo si inserisce poi in una poetica ‘realista’; questo spiega perché spesso nei componimenti di Damiani il punto di vista sia quello della natura, degli alberi ad esempio: è come se il mondo/la natura parlasse di sé stesso all’uomo. Il soggetto poetico novecentesco sembra annullarsi, esplica la propria funzione nel rispecchiamento del reale. Damiani compie una sorta di epochè cercando di mostrare gli elementi originari.

Il rispecchiamento del reale appare poi possibile grazie all’imitatio naturae: “Damiani mette in versi ciò che vede, e lo sviluppato asse connotativo della sua poesia fa arrivare alla conclusione che essa sia sostanzialmente un atto di imitazione della natura, mediante il quale riscoprire il senso nascosto del creato. La verità è lì, a portata dell’uomo, e il poeta non deve far altro che affinare la propria lingua mettendola in consonanza con ciò che gli sta attorno, arrivando alla comunione con le cose del mondo” (3, p.2).

L’Ars poetica di Orazio e l’opera del poeta di Venosa svolgono funzione fondamentale nella poetica di Damiani, così per i poeti della scuola romana. L’aver aperto la propria prima opera con temi, luoghi e argomenti relativi ad Orazio, mostra che siamo di fronte ad un vero ‘manifesto poetico’, con un incipit fortemente polemico contro il mainstream della poesia italiana del tempo. In questo Damiani è accompagnato dai suoi vecchi amici della ‘scuola romana’, di Braci’ e di ‘Porto Pagano’ e, come ai tempi della rivista, la poetica emerge nel fare poesia, piuttosto che in una elaborazione esplicita di intenti, in un manifesto.

Orazio rappresenta il recupero delle radici e l’opposizione alla Neoavanguardia e agli strutturalisti (Lacan, Barthes, etc.). Come sottolineato da Sinfonico: “L’Arte poetica oraziana offre ai poeti romani le armi per entrare nel campo di battaglia e delineare un’identità di gruppo. Tra gli insegnamenti di questa epistola, la scelta di un argomento adeguato alle proprie capacità, la conoscenza come prima fonte dello scrivere, l’imitazione della vita, la convergenza di talento e studio” (4, p. 128).

Sull’influenza dei classici ha rivolto l’attenzione P. Febbraro, osservando come Damiani fosse mosso dalla “consapevolezza da scrittore tardo, innamorato di Virgilio, Properzio e Orazio e viceversa più simile a Rutilio Namaziano, Pontano, Pascoli latino e traduttore” (5).

In maniera parzialmente analoga, Alessandro Moscé ha osservato: “Sin dagli esordi che avvennero con la raccolta Fraturno (Roma, Abete, 1987) Claudio Damiani esprimeva tutta la sua effusione compita nei luoghi più intimi, che lo fecero presto inquadrare un poeta domestico sulla linea di Saba, seguendo quella terza via, dopo il grande stile e l’avanguardia, che nel Secondo Novecento è stata al centro della dialettica secolare” (6).

Damiani, a sua volta, nel saggio sull’Ars poetica ha osservato: “Ciò che Orazio ci insegna: la moderazione e il sentiero aureo (il giusto mezzo). Non le parole strane, orgogliose; ma le parole umili (il linguaggio comune), il «pio farro» di Fìdile, il grano di sale che scoppietta nel fuoco” (1, p.41). E in Arte e natura: “La poesia italiana non si è mai mossa di qua. Questa è la strada d’oro. (Porta fino a Pascoli, fino a Caproni, fino a noi)” (2, p. 98).

NOTE

  • (1) Damiani C., Appunti sull’Ars poetica di Orazio, in, La difficile facilità. Appunti per un laboratorio di poesia, Lantana, Roma, 2016.
  • (2) Damiani C., Arte e natura, in, Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei, (a cura di Damiani C.), Fazi, Roma, 1995. 
  • (3) Carpenedo A. , L’arte poetica di Claudio Damiani,  in “Parole, immagini e situazioni III”, a cura di A. Mincigrucci e I. Pozzoni, Limena Mentis, Villasanta (MB), 2015
  • (4) : Sinfonico D., E guardavo, e pensavo e sentivo. ‘Fraturno’ di Claudio Damiani, in, Stroppa S., La poesia italiana degli anni ’80. Esordi e conferme, Pensa Multimedia Editore, Rovato (BS), 2016, pp. 124-143.
  • (5) Febbraro P., rec. a Claudio Damiani, La mia casa, Pegaso, in «Poesia», IX, 97, luglio-agosto 1996, pp. 60-61.
  • (6) Moscè A. (a cura di), Lirici e visionari, poeti italiani contemporanei, Il lavoro editoriale, 2003.

Marcello Ligobbi